US1007

San Michele e il maccherone


Chiara Astolfi


Come in una delle più ostiche composizioni sinfoniche per seghe, martelli pneumatici, bidoni di latta, tipiche della sperimentazione musicale che da Russolo, passando per John Cage, arriva al noise di matrice extra-colta dei giorni nostri, Pasquini orchestra una composizione per legno, scotch e santini che, per dirla alla Marinetti, è un assemblaggio di materiali “in libertà”.

Si sa, l’arte, come la musica contemporanea, è di difficile intelligibilità, soprattutto per chi, ancora legato a stilemi tradizionali, rifiuta il nuovo, l’inconsueto, deliziandosi dell’immediatezza piuttosto che avventurarsi nella fantastica scoperta di significati celati dietro un linguaggio altro. Pasquini parla una lingua diversa, un esperanto dell’arte, lo fa riflettendo su questioni particolarmente spinose e controverse e, pur restando nel limite del politicamente corretto, realizza opere sarcastiche dalla solenne spendibilità politico-religiosa. In lavori come US1007, infatti, solleva l’ancora irrisolta questione cattolica. L’estraneità a qualsiasi logica imposta che, di recente, lo ha portato a farsi sbattezzare, rivela una sua profonda insofferenza non tanto verso il dogma cattolico in sè, quanto verso quegli interessi economici che hanno allontanato la religione dalla sua ancestrale funzione di mutuo soccorso, scadendo essa stessa nel peccato originale. Se per l’iconografia moderna San Michele rappresenta i fedeli che sconfiggono il male, la laicità, in questo lavoro la logica è invertita: è il male stesso, il cittadino laico a dover sconfiggere la corruzione della chiesa affinchè si possa riscoprire una vera devozione. Con un approccio irriverente Pasquini aggiunge alla sua scultura, come una ciliegina sulla torta, un maccherone, simbolo dell’italian style, come a loro tempo lo erano stati per i film western gli spaghetti. Infatti, dove, se non in Italia, il paese che ospita il Vaticano, il potere oscuro, oltranzista e separatista della chiesa viene percepito come tale? Detto questo però, l’artista sospende il suo giudizio, facendo suo il motto etsi Deus non daretur, ovvero fare “come se Dio (o, in questo caso, la questione religiosa) non esistesse”. E’ proprio per questo che Pasquini stesso dichiara che la sua opera non è altro che un omaggio a Michele Maccarone, una famosa gallerista newyorkese, spiegando così la scelta dell’icona dell’Arcangelo Michele e del maccherone che, all’americana, viene letto, appunto, “Maccarone”.