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Interventi artistici nel tessuto della città

A cura di Andrea Cioschi e Antonio D’Orazio

 

presenta

 

Stefano Pasquini

Free Art (Take me home)

 

Mercoledì 22 Settembre 2004, ore 18

Ex distributore Esso, Via Ferrarese, all’incrocio con Via Matteotti, Bologna.

 

Il volto tondo e sereno di un bambino e un messaggio Free art – Take me home, impressi con lo spray tramite uno stencil su un cumulo di rifiuti, è arte gratuita che i passanti possono portare a casa. Rifiuti, ovvero oggetti rifiutati dalla vita, accantonati nelle vie al termine di una catena che prevede produzione, vendita, consumo e rifiuto. Oggetti che si reinseriscono in un meccanismo di circolazione invisibile e reinvenzione delle finalità d’uso: prima di arrivare in discarica, i rifiuti (soprattutto quelli ingombranti) sono addocchiati, scelti, presi e portati a casa. E iniziano nuove catene, nuove vite. Come se l’attributo di “rifiuto” fosse assolutamente relativo e personale: ciò che io chiamo “rifiuto” per qualcun altro è ancora “oggetto” e quindi ha un possibile impiego. Ha un valore.

 

Stefano Pasquini si inserisce proprio nel circuito vitale e concettuale delle cose, le preleva ai lati dei cassonetti, le marchia con lo spray e le trasforma in prodotti artistici. Sottrae i rifiuti alla loro continua presenza nelle vite delle persone e gli attribuisce un nuovo status, attraverso la definizione di opera d’arte. Un valore non quantificabile in denaro ma in “artisticità” per oggetti che non vanno acquistati ma riconosciuti, non rifiutati ma accettati e semplicemente portati a casa.

 

Un’azione rapida e fugace, un’incursione irregolare nel tessuto urbano per infiltrarsi nelle pieghe di una società che ha fatto del rifiuto un emblema dei propri meccanismi di funzionamento. Stefano Pasquini sottrae cose in cui altre esistenze hanno impresso segni e storie, per stamparvi la sua traccia, il suo marchio d’artista. Astrae i rifiuti dal loro contesto cittadino e fa cambiare loro aspetto, come fanno da sempre i visionari. Non interpreta ma trasfigura il reale, crea un corto circuito esistenziale, una possibilità alternativa, ponendo su un medesimo piano di valore gli scarti della società, cioè i prodotti meno nobili in assoluto, e le opere d’arte, ovvero gli oggetti che hanno lo status sociale più elevato. Ready-made aiutati, (cioè oggetti prelevati dalla realtà e leggermente modificati dall’artista), i rifiuti trasfigurati di Stefano Pasquini godono della totale libertà di circolazione, possono entrare a testa alta nelle abitazioni, possono essere appesi ai muri nei salotti o esposti in musei e gallerie d’arte, ma ricordano sempre che vengono dalla strada, dalla vita, dalla pulsazione dei ritmi quotidiani della città. Non hanno una storia ma tante storie, godono delle molteplici esistenze a cui si affiancano, degli odori che assorbono, delle mani che li toccano.

 

L’opera di Stefano Pasquini è un sintomo, un segnale vitale per un’arte che si mescola con esistenze e curiosità, con pensieri clandestini e immaginazioni perturbanti. Un’arte che attribuisce valori e palpitazioni emotive. Capace di creare, in un angolo di strada, un giorno qualunque a un’ora qualunque, un’atmosfera molto, molto interessante.

Andrea Cioschi