Interventi
artistici nel tessuto della città
presenta
Stefano Pasquini
Free
Art (Take me home)
Il volto tondo e sereno di un bambino e un
messaggio “Free art – Take me home”,
impressi con lo spray tramite uno stencil su un cumulo di rifiuti, è arte
gratuita che i passanti possono portare a casa. Rifiuti, ovvero oggetti
rifiutati dalla vita, accantonati nelle vie al termine di una catena che
prevede produzione, vendita, consumo e rifiuto. Oggetti che si reinseriscono in
un meccanismo di circolazione invisibile e reinvenzione delle finalità d’uso:
prima di arrivare in discarica, i rifiuti (soprattutto quelli ingombranti) sono
addocchiati, scelti, presi e portati a casa. E iniziano nuove catene, nuove
vite. Come se l’attributo di “rifiuto” fosse assolutamente relativo e
personale: ciò che io chiamo “rifiuto” per qualcun altro è ancora “oggetto” e
quindi ha un possibile impiego. Ha un valore.
Stefano Pasquini si inserisce proprio nel
circuito vitale e concettuale delle cose, le preleva ai lati dei cassonetti, le
marchia con lo spray e le trasforma in prodotti artistici. Sottrae i rifiuti
alla loro continua presenza nelle vite delle persone e gli attribuisce un nuovo
status, attraverso la definizione di opera d’arte. Un valore non quantificabile
in denaro ma in “artisticità” per oggetti che non vanno acquistati ma
riconosciuti, non rifiutati ma accettati e semplicemente portati a casa.
Un’azione rapida e fugace, un’incursione
irregolare nel tessuto urbano per infiltrarsi nelle pieghe di una società che
ha fatto del rifiuto un emblema dei propri meccanismi di funzionamento. Stefano
Pasquini sottrae cose in cui altre esistenze hanno impresso segni e storie, per
stamparvi la sua traccia, il suo marchio d’artista. Astrae i rifiuti dal loro
contesto cittadino e fa cambiare loro aspetto, come fanno da sempre i
visionari. Non interpreta ma trasfigura il reale, crea un corto circuito
esistenziale, una possibilità alternativa, ponendo su un medesimo piano di
valore gli scarti della società, cioè i prodotti meno nobili in assoluto, e le
opere d’arte, ovvero gli oggetti che hanno lo status sociale più elevato. Ready-made
aiutati, (cioè oggetti prelevati dalla realtà e leggermente modificati
dall’artista), i rifiuti trasfigurati di Stefano Pasquini godono della totale
libertà di circolazione, possono entrare a testa alta nelle abitazioni, possono
essere appesi ai muri nei salotti o esposti in musei e gallerie d’arte, ma
ricordano sempre che vengono dalla strada, dalla vita, dalla pulsazione dei
ritmi quotidiani della città. Non hanno una storia ma tante storie, godono
delle molteplici esistenze a cui si affiancano, degli odori che assorbono,
delle mani che li toccano.
L’opera di Stefano Pasquini è un sintomo, un
segnale vitale per un’arte che si mescola con esistenze e curiosità, con
pensieri clandestini e immaginazioni perturbanti. Un’arte che attribuisce
valori e palpitazioni emotive. Capace di creare, in un angolo di strada, un
giorno qualunque a un’ora qualunque, un’atmosfera molto, molto interessante.
Andrea Cioschi