FILI IN VISTA

 

I treni locali costeggiano gli edifici con passo rallentato: merletti alle finestre, cespugli curati nei giardini.

I treni superveloci costellano di chiazze i bordi del loro solco.

Ho memorie dei lunghi soggiorni di Stefano a Londra. Rispondere al telefono al Royal Albert Hall (un impiego di cortesia, di buone maniere). Ho immagini della fugace mostra a Birmingham. Memorie di una performance, nel corridoio dell’ICA di Londra, nel 1997: odore di birra e pop-corn. Odore di lampade accese e umido aggrappato alle scarpe. Nessuna parola. Solo questo richiamo dell’artista all’essere rintanato, travasato in Inghilterra. Contemporaneamente, fuori, nelle campagne, i cani addentavano le volpi, tirandole fuori dalle buche nel terreno in cui si fossero rifugiate. Stefano indossava un abito da Uomo-Ragno fatto in casa (maldestramente: la sua qualità). Paziente, incurante del passaggio o della presenza dei visitatori, dei loro sguardi, del loro pacato sconcerto, rassegnato attendeva l’arrivo dei fox-terrier.

C’è sempre un’attesa per una qualche razza di cani. In questo gli sono debitore: fatta una scelta, dichiarato uno scopo, tirarsene poi fuori.

Seduto sul pavimento freddo, il fazzoletto da naso ben celato da qualche parte, pronto all’uso. Anche in questo, gli sono debitore.

Introspezione resa pubblica: “Do you cry often?”, (Piangi spesso?), frase ricamata su tessuto e poi stesa sull’erba, al sole.

Vera arte sartoriale, la sua, anche se un po’ sghemba, un po’ sgualcita. Fili in vista. Bordi non proprio netti. Queste le sue qualità (il non poter rinunciare a certe imprecisioni, tutte maschili), di cui veste i suoi manichini (nessuno di essi proviene dal mondo dell’arte, ma nelle sue vetrine si lascia esporre).

Piangi spesso?: ma allora si danno per certi i miei pianti, atti umidificanti.

In questa stagione percepisco umidità in ogni cosa. Oppure: ogni cosa si manifesta come rivestita di un velo lacrimoso.

Stefano assorto, nel corridoio gelato, nel suo abito rosso cangiante, inzuppato di luce bianca. Abito self-made (un paradosso, dopo aver lui così a lungo amato Duchamp e i suoi “trovamenti”). Stefano intervistatore, per le vie di Milano, mascherato.

Cuciture sgualcite bene in vista.

 

Italo Zuffi